La danza del cervo
Nella neve fresca l'occulto si fa evidente.
È così che nascono i fiumi.
Alla danza del cervo, l'anno scorso, come le contrastanti forze del bene e del male, gli uomini vestirono di nero, le donne umane piansero per quel che più non era, i ramoscelli di sempreverdi portati in circolo a segnare il ritorno della primavera.
Quella notte, quando tutto l'umano fu risolto, un giovane uomo, l'eletto, divenne il cervo.
Nella pelle bianca dei suoi avi, con la testa di cervo sopra la testa umana, con le corna infiorate egli danzò, bellissimo e infaticabile, sino a farsi più che umano, sino a che egli stesso non fu cervo.
Di tutti quelli che furono trasformati in animali, i viaggiatori che Circe mutò in maiali, la donna che divenne l'orso, la ragazza che restò per sempre la figlia dei lupi, nessuno mai volle tornare umano.
Anch'io lo vorrei, smettere di essere umana e diventare quel che ha dormito fuori dalla mia porta la scorsa notte,
abbandonata nel mio sonno.
Una sera mi sono nascosta nella macchia giù a sud, e ho spiato nel luogo dove lasciano le corna e dove il cervo
danzò, era vero, come la nonna raccontava, l'acqua sgorgava dalla terra e potevo sentirli respirare al fiume irregolare.
Quella strada la conosco. È qui che io vivo, e ogni volta quando la percorro non sono abbastanza sicuri di me,